martedì 30 dicembre 2014


Nulla di nuovo nel dire che il problema del traffico ad Alcamo aspetta da tempo immemorabile risposte che la politica finora non ha saputo o voluto dare.
Io credo che è arrivato il momento di dare una risposta concreta ed efficace che noi Alcamesi chiediamo inascoltati da troppo tempo.
Non può assolutamente bastare cambiare qualche senso di marcia, mettere qualche semaforo o cambiare la segnaletica per migliorare il traffico. A problemi apparentemente irrisolvibili, io credo, occorre dare delle risposte risolutive, economicamente sostenibili e necessariamente radicali.

LA MIA PROPOSTA

che prego chi legge di valutare solo dopo averla letta fino con attenzione, è la seguente:
In primo luogo ho preso in considerazione un percorso circolare su cui intervenire, percorso in cui la circolazione presenta un notevole grado di criticità.
Se, come spero e credo, i risultati saranno positivi, lo stesso schema potrà essere ripetuto su altri percorsi cittadini.
Sul percorso: Viale Europa, Via Madonna del Riposo, Via Ellera, Via Madonna della Catena, Via Florio, Corso IV Aprile, Viale Italia, vietare la sosta dalle ore 8 alle 20, consentendo la libera circolazione dei veicoli e autorizzando solo pochi posti di parcheggio in luoghi idonei, a disposizione dei portatori di handicap e di altri servizi di emergenza.
Istituire sullo stesso percorso un servizio di trasporti pubblici a pagamento che abbia una notevole frequenza oraria.
Il costo di tale servizio pubblico, al netto dei contributi che possono essere reperiti, non dovrà gravare sulle casse comunali, ma dovrà essere sostenuto dagli utenti che, utilizzando i mezzi pubblici, risparmieranno molto sui costi delle loro auto.
L'Amministrazione Comunale, tramite il corpo dei Vigili Urbani, dovrà controllare in modo molto diligente ed efficiente che il divieto di sosta venga rispettato. Il venir meno di questa condizione porterebbe al fallimento del progetto.
Su questo percorso, liberato dai veicoli in sosta, il traffico risulterà estremamente fluido sia per i mezzi pubblici, sia per i veicoli privati e questo provocherà una forte riduzione dell'inquinamento da gas di scarico e una fluidità di marcia che oggi è bassissima. Tutti possiamo verificare che oggi camminando a piedi si riesce spesso ad essere più veloci che in auto.
Con questo nuovo assetto del traffico, una sola delle due carreggiate del Viale Europa sarà sufficiente per la circolazione veicolare.
L'altra carreggiata, liberata dalla circolazione veicolare e dai veicoli in sosta, potrà essere trasformata in una grande isola pedonale con pista ciclabile e opportunamente attrezzata a questo nuovo uso che cambierà profondamente in meglio la qualità della vita della nostra gente e l'economia della nostra Città.
Su questa proposta sarebbe molto proficuo che si aprisse un ampio e costruttivo dibattito pubblico aperto al contributo e alla presenza di tutti coloro che sono stanchi di stare imbottigliati nell'asfissiante traffco cittadino e che alla fine si arrivasse ad una proposta concreta, fattibile e condivisa sull'assetto che vogliamo dare alla nostra Alcamo, partendo dal presupposto che la situazione attuale non è più sopportabile.
Per me solo questo è FARE POLITICA.




giovedì 25 dicembre 2014

QUESTO SIGNORE...


Questo signore è il punto di riferimento del Movimento 5 Stelle che alle ultime politiche è stato il raggruppamento politico più votato dagli Italiani.
Questo signore, in un futuro non lontano, potrebbe diventare il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri.
Questo signore potrebbe essere l'artefice della futura politica e, per fare uscire l'Italia dalla crisi drammatica che stiamo attraversando, potrebbe portarci fuori dall'Europa e dall'Euro. 
In questo caso la nostra Nazione si potrebbe trovare fallita, in miseria e con un'inflazione alle stelle dalla sera alla mattina.
Il giorno dopo il possibile fallimento e la miseria di tutti noi, lui potrebbe decidere di essere un poco 'STANCHINO' della politica e potrebbe ritornare a tempo pieno a fare spettacoli di grande successo e a macinare molti soldi, tutti assolutamente meritati.
SI PUO' DIRE CHE SIAMO MESSI VERAMENTE MALE?


martedì 23 dicembre 2014

SELENE GRIMAUDO RISPONDE ALLA SEGNALAZIONE DELLA STRAGE DELLA STAZIONE


L'Assessore alla Cultura, Dott.sa Selene Grimaudo, alla quale ho segnalato la strage dimenticata di Alcamo Diramazione, su

mostrando un'ammirevole sensibilità riguardo a questo tragico evento di cui pochissimi di noi hanno conoscenza, ha risposto così:
La ringrazio per l'opportuna segnalazione dei fatti storici e degli eventi umani e sociali, ad essi legati, che è giusto ricordare, come suggerito, in azione sinergica tra cittadini e Istituzioni.
Prenderò in carico quanto segnalato, appena possibile.
Un augurio di buone feste.
Selene Grimaudo”


Io e tutti gli amici che hanno seguito questa mia segnalazione, restiamo in attesa delle iniziative che l'Assessore, all'interno della Giunta Bonventre, prenderà per dare il dovuto risalto a questa dolorosa vicenda.



lunedì 22 dicembre 2014

Al Mobility Manager del Comune di Alcamo - LA CRISI DELLA MOBILITÀ URBANA AD ALCAMO



#SESIVOLESSE

Al Mobility Manager del Comune di Alcamo

Premesso che, come Lei ben sa nella sua qualità di General Manager della mobilità urbana di Alcamo, le condizioni della circolazione veicolare della nostra città sono arrivate ad un punto critico, Le sottopongo delle proposte che ho avanzato nel corso di questo anno che volge al termine, proposte che potrebbero migliorare la circolazione veicolare nella nostra città e che sono state apprezzate da molti cittadini ma che non hanno mai avuto un riscontro concreto che portasse alla loro realizzazione.




Le sarei grato (e con me tutti coloro che hanno letto le suddette proposte) se le volesse leggere e valutare una loro possibile realizzazione.

Un cordiale saluto

Vito Pipitone




giovedì 18 dicembre 2014

All'Assessore alla Cultura Dott.sa Selene Grimaudo - LA STRAGE DI ALCAMO DIRAMAZIONE


All'Assessore alla Cultura
Dott.sa Selene Grimaudo

“… Ad Alcamo il 14 luglio di ogni anno dovrebbe essere giorno di lutto cittadino perché quell'infausto giorno di 62 anni fa, la forza pubblica, ispirata dalla faziosità fascista, sparò — nei pressi della stazione di Alcamo Diramazione — contro una decina di inermi cittadini inizialmente intenti ai lavori agricoli o a diverse incombenze artigianali....”
Così scrive Nello Morsellino nel suo pregevole libro “FRÀ DIAVOLO E LE STRAGI DEL DOPOGUERRA” e mi trova assolutamente in sintonia.
Non riesco a capire perchè questo luttuoso e ignobile episodio è stato da sempre ignorato dalla nostra società, quasi a volerlo rimuovere dalla coscienza collettiva.
La brutalità e l'imbecillità umane non si esorcizzano dimenticandole colpevolmente ma parlandone e tenendo sempre accese le luci su questi episodi per onorare i nostri martiri e per evitare che simili gesti barbarici possano accadere ancora.
L'idea di dedicare il 14 Luglio a questa strage insensata e di dedicarvi una strada è un qualcosa che ci riguarda direttamente come comunità ed è doverosa nei riguardi di chi fu vittima incolpevole della barbarie e della stupidità umana.
Noi invece preferiamo avere strade intestate a personaggi discutibili ed estranei alla nostra storia e questo non è degno della nostra civiltà.
Su
il capitolo del libro in cui Morsellino scrive della strage.


Vito Pipitone




mercoledì 10 dicembre 2014

A CHI NON CONOSCE LA STORIA DEI MARTIRI DIMENTICATI DI ALCAMO DIRAMAZIONE

L’Amministrazione alcamese guidata dal Sindaco, Sebastiano Bonventre, ha deliberato di intitolare una strada allo scultore alcamese, Giuseppe Bambina (1905-1994), per commemorare il ventennale della sua scomparsa e ricordare l’uomo, l’artista e le opere.

http://www.trapaniok.it/7854/Cultura-trapani/alcamo-comune---l-amministrazione-bonventre-ricorda-lo-scultore-alcamese-giuseppe-bambina#.VIieqDGG-LU


Commemorare i figli della nostra terra che si sono distinti nelle loro attività è certamente lodevole.
Dimenticare i nostri fratelli Alcamesi, martiri della follia della guerra è gravissimo.
Chi, fra i nostri concittadini sotto i 60 anni, sa qualcosa dei poveri morti ammazzati di Alcamo Diramazione, circa 70 anni addietro, vittime incolpevoli della follia criminale e dei postumi di una stupida guerra?
Leggete la storia dei Martiri di Alcamo Diramazione, tratta da un pregevole libro dal titolo FRA' DIAVOLO, di NELLO MORSELLINO e scoprirete fatti che forse non conoscete e che invece meritano di essere conosciuti e ricordati da tutti.












CAPITOLO PRIMO



LA STRAGE
DI ALCAMO DIRAMAZIONE

Ogni anno, in Francia, il 14 luglio si celebra la più grande ricorrenza storica nazionale, un giorno indimenticabile quando — proprio il 14 luglio 1789, — il popolo francese in rivolta, prese la Bastiglia, il tristemente noto carcere parigino, liberando tutti i prigionieri politici che la tirannia del potere reale di Luigi XVI aveva tentato di liquidare con tante impiccagioni.
Da quel fatidico 14 luglio 1789 finì la tirannide ed il terrore ed al grido di "libertè, egalitè, fraternitè" iniziò la democrazia francese.
Ad Alcamo invece, il 14 luglio di ogni anno dovrebbe essere giorno di lutto cittadino perché quell'infausto giorno di 62 anni fa, la forza pubblica, ispirata dalla faziosità fascista, sparò — nei pressi della stazione di Alcamo Diramazione — contro una decina di inermi cittadini inizialmente intenti ai lavori agricoli o a diverse incombenze artigianali.
Ma raccontiamo i fatti:
È il 14 luglio del 1943, un mercoledì, ed ancora in Sicilia era presente il regime fascista, un regime ormai giunto alla sua fine, ingloriosa e sanguinaria, ma ancora per pochi giorni abbarbicato con i suoi rappresentanti, ad un potere che gli stava scivolando tra le dita, dato che qualche giorno prima, esattamente il 10 luglio del 1943, gli alleati anglo-americani erano già sbarcati a Gela e Licata stabilendo una salda testa di ponte, il primo grande passo per la liberazione dell'Italia dai tedeschi e dai fascisti.
E mentre gli Alleati erano impegnati dalle parti di Gela per rinforzare la loro testa di ponte dell'esercito, quel 14 luglio del 1943 alcuni aerei alleati — nell'intento di bloccare il rifornimento alle rimanenti truppe italiane che (molto poche!) ancora combattevano — mitragliarono e bombardarono la Stazione ferroviaria di Alcamo Diramazione che era un nodo di primaria importanza per tutta la Sicilia Occidentale.
Nell'intenso bombardamento, gli aerei americani danneggiarono diverse tratte di binari centrando anche diversi carri-merce chiusi facendone saltare le fiancate e sparpagliando il loro contenuto per terra.
In quel triste periodo, la fame era tanta e tanto arretrata, non c'era quasi nulla da mangiare e non si poteva nemmeno macinare il grano per fare il pane, perché il regime fascista aveva vietato ai mulini, di macinare il frumento che i contadini avrebbero dovuto invece portare "all'ammasso" e quindi sembrò compiersi un "miracolo" quando diversi contadini ed operai della zona — uscendo dagli improvvisati rifugi di fortuna dove si erano rintanati per sfuggire ai bombardamenti — videro sparso per terra, e caduto dai carri, un profluvio di roba da mangiare: decine e decine di sacchi sventrati contenenti generi alimentari tra cui riso, zucchero e carne secca, oltre a tanto scatolame vario e formaggini.
Cos'altro c'era da fare se non raccogliere quanta più roba possibile per cercare di sfamarsi, un ben di Dio sparpagliato per terra e destinato a rovinarsi o a perdersi?
E così una quindicina di contadini ed addetti ai mulini (presenti nei pressi della Stazione perché vi scorre un fiume che alimentava le macine) si precipitarono a riempire tutti i contenitori che poterono trovare, per portare a casa qualcosa da mettere sotto i denti.
Ma della stessa idea non furono le Forze dell'Ordine, di Alcamo, comandate dal tenente-colonnello Rolando Cultrera (che si dice sia stato ucciso a Messina, poco tempo dopo, in circostanze misteriose) le quali, avvertite forse da persone compiacenti, si precipitarono alla Stazione, radunarono quei poveri disgraziati ancora intenti a raccogliere quegli alimenti, e che la fame aveva spinto a fare un rifornimento insperato, li spinsero contro un muro poco distante e senza pensarci due volte li passarono per la armi, fucilandoli.
Abbiamo, più sopra, fatto il nome del tenente colonnello Rolando Cultrera solo perché esso è citato in diversi libri, prima fra tutti "Storia di Alcamo" di mons. Vincenzo Regina e poi ripreso in altri testi. Ma tutta la faccenda non ci ha mai persuaso, anche perché non si è mai saputo da dove sia spuntato il nome di Cultrera. Ed è per questo che abbiamo voluto effettuare tramite fonti ufficiali, più accurate ricerche che hanno dato i risultati specificati piü avanti, e che sono completamente diversi da quelli riferiti da altri autori.
A quel tempo si disse che erano stati i carabinieri ed in effetti — per rispetto alla verità storica — non possiamo non citare il nome di Palmeri Giuseppe di anni 50 che dal registro dei seppelliti del Cimitero di Alcamo, risulta essere stato "ucciso dai R.R. Carabinieri". La circostanza dell'intervento dei Carabinieri Regi, lo ricorda ancora perfettamente un nostro amico, Francesco Messina, alcamese, oggi settantaduenne, Direttore Didattico in pensione, che abitava — essendo estate — in Contrada "Virgini"in una casa quasi adiacente la Statale 113 e che (aiutato dalla "memoria remota" che fa ricordare molto bene alla persona di una certa eta, vividi episodi di gioventù), cosi ci raccontò i suoi vividi ricordi di allora: "... sarà stato sicuramente nel primo pomeriggio (stiamo parlando sempre, del 14 luglio 1943), quando, io e mio zio, abbiamo visto scendere dallo stradale (cioè dalla Statale 113), alcune auto di colore nero, forse tipo "Millecento", piene di carabinieri.
Nella prima di queste, c'erano — lateralmente — con i piedi poggiati sulle predelline esterne, e con le mani aggrappate al portabagagli, due carabinieri col fucile a spalla.
Ricordo l'espressione di meraviglia da parte di mio zio che disse: "e dove vanno tutti questi carabinieri?"
Dopo alcune ore, net tardo pomeriggio, abbiamo visto salire, sempre dallo stradale, un camion con le spalliere abbassate, carico di morti e feriti buttati alla rinfusa sul cassone che lungo il suo percorso lasciava una larga traccia di gocciolio intenso di sangue che colorava di rosso il fondo stradale.”
Verosimilmente, era lo stesso camion che scaricò poi i corpi dei fucilati presso l'Ospedale di Alcamo.
Ma il prof. Messina continua il suo racconto, dicendo: "... Tra i morti c'era un giovane di appena 18 anni, Francesco Ferrara. Sua madre viveva facendo la "pantalonaia" per mantenere la famiglia e spesso veniva a trovarci perché amica di mia madre.
Ricordo ancora quella donna, vestita di nero, che piangendo diceva quanto era bravo il suo figliolo. Egli si era recato ad Alcamo Diramazione su invito di un soldato di loro conoscenza per ricevere in regalo un paio di scarponi. Ed il paio di scarponi l'aveva già avuto, perché quando é stato fermato dai carabinieri, - diceva Ia madre — teneva le scarpe in una mano e nell'altra un fazzoletto legato a punta, pieno di riso.
Lo aveva preso dove c'erano i vagoni sventrati e dove tante persone affamate prendevano quel che potevano. Diceva — sempre la madre — e l'aveva appreso da qualche testimone oculare dell'inumano episodio, che un carabiniere aveva invitato ii ragazzo ad allontanarsi dal gruppo dei fermati, e Francesco (sempre tenendo nelle mani la sua refurtiva", incredulo di quanto stava succedendo, si staccava dagli altri e si immetteva su una stradella laterale. In quel momento però, il Capitano intimò al giovane Francesco di fermarsi e di ritornare con tutti gli altri.
E fu cosi che anche Francesco, di appena 18 anni compiuti da poco, cadde ucciso dal plotone di esecuzione.
Poi, qualche mese dopo venne a "Virgini" Felice Palmeri (di cui parleremo tra poco) perché conosceva i miei parenti. Era un ragazzone di circa 20 anni, abbastanza robusto, e parlò della sua fuga dal luogo della fucilazione quando capì — anche su sollecitazione del padre — le funeste intenzioni di quel Capitano dei CC. Egli si mise a correre tra i vagoni, quando una pallottola di rimbalzo lo colpi alla testa e gli rimase nel cranio senza che nessuno mai riuscisse a toglierla.
Dopo la fucilazione, quei viveri restarono abbandonati a Diramazione anche perché si susseguirono altri bombardamenti (16 e 20 luglio) e fino all'entrata degli Americani ed anche dopo, chiunque passava dalla Stazione poteva prelevare qualche "ricordino" alimentare da portare a casa.
E allora, a che cosa doveva servire quel gesto del capitano o tenente colonnello, che sia, che di eroico o di patriottico aveva proprio nulla?".

Fin qui l'avvincente racconto di un testimone oculare a cui dobbiamo aggiungere, per la completa veridicità dei fatti, le ricerche effettuate presso l'Archivio Storico del Comando Generale dei CC, secondo il quale il nome più probabile del Comandante la Compagnia CC. di Alcamo, in quel periodo, è stato il Capitano Salvatore Miraglia, che resse le sorti della Compagnia CC. di Alcamo fino al 13 gennaio del 1945, anche se si ignora la data dell'inizio del suo mandato ad Alcamo.
D'altro canto, sempre secondo l'Archivio Storico dell'Arma, il diretto predecessore del cap. Miraglia è stato il cap. Angelo Antico che venne ad Alcamo 26 luglio 1938, ma non si sa quando andò via. Ma in questo frattempo, c'è stata una lunga guerra mondiale e forse il cap. Antico non ha gestito per un periodo così lungo e complicato, la Compagnia CC. di Alcamo, pertanto, il nome più probabile è quello del cap. Salvatore Miraglia che diede quindi, verosimilmente, l'ordine di fucilare quelle inermi persone ad Alcamo Diramazione, colpevoli soltanto, di avere avuto fame.
Ma ci può essere una ipotesi altrettanto probabile e per non lasciare nessuna ombra circa l'identità del responsabile della fucilazione, dobbiamo riferire anche quanto ci è stato raccontato da più parti, da persone che erano presenti — anche se molto giovani — a quel tempo: il capitano dei CC responsabile della strage di Alcamo Diramazione fu allontanato, subito dopo, dal Comando della caserma alcamese, per cui rimarrebbe in piedi indefinita, l'ipotesi che ci sia stato il cap. Angelo Antico — comandante della Caserma dei CC di Alcamo dal 1938 e sopravvissuto quindi agli eventi bellici — in servizio ancora il 14 luglio del 1943, e quindi allontanato subito dopo la strage, per evitare possibili violente ritorsioni da parte dei familiari dei fucilati senza colpe, e quindi l'incolpevole capitano Salvatore Miraglia — che resse il Comando di Alcamo fino al 1945 — risulterebbe estraneo al funesto episodio di cui abbiamo parlato, mentre la figura del capitano Antico prende connotazioni sempre più reali come protagonista della strage. E tutto questo, purtroppo, per la impossibilità anche del Comando Generale dell'Arma di stabilire date certe e che — tramite il suo Archivio Storico — non ha potuto determinare la fine del mandato del capitano Antico e l'inizio di quello del capitano Miraglia.
La triste e luttuosa vicenda di Giuseppe Palmeri ci è stata raccontata — con altri particolari inediti — da un suo nipote, figlio della sorella del Palmeri, il quale ci ha riferito che: "lo zio si trovava ad Alcamo Diramazione assieme a due dei suoi cinque figli, il giovane Francesco e Felice, appunto, e che — come tutti gli altri presenti — raccoglievano le cibarie cadute per terra dai carri. Al sopraggiungere dei militari che avevano già circondato il gruppetto dei raccoglitori, il Palmeri capì quasi subito che la situazione stava volgendo al tragico per le evidenti intenzioni del Comandante che diede quasi subito l'ordine di sparare. Lo stesso Palmeri ebbe appena it tempo di gridare ai suoi due figli di scappare e mentre egli rimaneva per terra ucciso dalle pallottole, il figlio Francesco scappò assieme al fratello Felice il quale però — essendo meno agile perché di stazza più pesante - rimase un po' indietro e fu raggiunto da una pallottola di rimbalzo che gli penetrò net cranio lasciandolo svenuto per terra, grondante sangue. II Felice, ritenuto morto, fu raccolto dai militari e gettato assieme agli altri cadaveri su quel camion dal quale fuggì dopo essere rinvenuto e dopo essere stato scaricato nell'atrio dell'Ospedale, raggiungendo la sua abitazione che era ubicata poco distante dall'Ospedale, verso la fine del Corso 6 Aprile".
Per una strana sorte del destino, i cinque figli di Giuseppe Palmeri sono oggi tutti deceduti, per malattie o per incidenti, e l'unico a sopravvivere, fino a poco tempo fa, e stato proprio Felice che (come ci aveva raccontato il prof. Messina) aveva ancora la pallottola nel cranio e che viveva a Trapani, da pensionato e che ci ha raccontato in un incontro informale, la sua vicenda. Una esperienza indimenticabile — quella vissuta da Felice — e della quale non parlava volentieri, per i ricordi tristissimi che essa gli evocava.
Ma chi erano quella decina di poveri disgraziati alcamesi, oltre a due castellammaresi, morti o feriti gravemente? Quali ordini furono dati (e ai quali i militari non potevano sottrarsi per disciplina) ed infine chi fu a dar questi ordini fratricidi?
Chi fu a dare l'ordine, lo abbiamo appurato in modo quasi certo. ma la storia locale non ha ancora reso noti tutti i nomi dei morti perché a quel tempo a nessuna autorità conveniva far conoscere tale crudele episodio ma (e lo si sa per certo), morti e feriti furono caricati sul camion di cui dicevamo prima, e "scaricati" presso l'Ospedale di Alcamo (dove li vide attraverso il portone aperto dell'Ospedale, un nostro vecchio conoscente, allora ventenne, V.L., che ci raccontò di essere andato all'Ospedale perché aveva sentito dire che tra i morti c'era anche un suo amico) e dove otto o dieci di essi giunsero cadaveri, mentre altri due si salvarono — anche se feriti più o meno gravemente — fingendosi morti.
Secondo mons. Vincenzo Regina — autore del libro "Storia di Alcamo" i morti fucilati ad Alcamo Diramazione furono undici (tanti quanto quelli della strage di Portella delle Ginestre), ma l'autore purtroppo non ha specificato i nomi, o forse, non ha potuto farlo.
La maggior parte di essi però, siamo riusciti a rintracciarli andando a consultare l'Ufficio Anagrafe del Comune di Alcamo che ha svelato che il 16 luglio 1943 sono stati iscritti nel Registro dei Morti i seguenti nominativi, persone che sicuramente morirono ad Alcamo Diramazione poco dopo per i fatti di cui stiamo descrivendo le vicissitudini, e poi portati all'Ospedale Militare di Alcamo:

  1. Palmeri Giuseppe di anni 50 contadino (da Cast. del Golfo ma residente in Alcamo)
  2. Macaluso Salvatore " 34 molinaio (da Capaci)
  3. Macaluso Giuseppe " 41 (da Isola delle Femmine)
  4. Ferrara Francesco " 18 (da Alcamo)
  5. Colombo Mariano " 30 contadino (da Cast. del Golfo)
  6. La Commare Salvatore " 40 guardiano acquedotto (da San Marco, oggi Valderice)
  7. Marchese Salvatore " 34 contadino (da Pollina — PA)
Questi nominativi sono stati desunti — come dicevamo - dal Registro dei Morti, anno 1943 del Comune di Alcamo (ma quasi certamente non furono i soli, perché si parlò di oltre dieci morti) e per tutti si indica come luogo di morte la Stazione Ferroviaria di Alcamo Diramazione e successivamente portati, (e la maggior parte di loro già cadavere), presso l'Ospedale Militare di Alcamo.
Presso lo stesso Ospedale, inoltre, e per un altro mitragliamento di aerei americani alla Divisione dell'Esercito Italiano avvenuto quasi contemporaneamente, (esattamente due giorni dopo), nei pressi della contrada Sant'Anna di Alcamo, morirono invece:

  1. Domingo Rocco anni 20 - soldato artigliere
  2. Mineo Vincenzo anni 44 - tenente n. Enna
  3. Benenati Vincenzo anni 21 - soldato n. Alcamo
  4. Carandante G. Carlo anni 36 - soldato n. Marano (AQ)
  5. Mazzarella Nicola anni 19 - sold, cam. nera n.Villa Literno
  6. Favilli Francesco anni 20 - caporalmagg. n. Arezzo
  7. Antognazzi Aurelio anni 23 - artigliere n.Monzabano(mN)
  8. D'Antonio Vincenzo anni 26 - soldato n. Petrosino
  9. Sola Filippo anni 24 - Carabiniere n. Garda
  10. Manforte Salvatore anni 31 - autiere n. Covegnago B. (MI)
  11. Frigerio Dante anni 21 - artigliere
  12. Veneri Elvio anni 23 - caporalmaggiore n. Mantova
  13. Termini Alberto anni 28 - artigliere n. Sciacca
Un'altro alcamese, comunque, che fu fucilato anch'egli ad Alcamo Diramazione, della cui identità siamo certi, e che era intento, come gli altri, a raccogliere cibarie cadute per terra dai carri bombardati, e Giuseppe Canzoneri, nonno dell'omonimo sindacalista che ricopri l'incarico di Assessore ai LL.PP. del Comune di Alcamo, e che ricorda, come se fosse oggi, secondo il racconto dei familiari, che a stento il nonno arrivò fino a casa, ferito e pieno di sangue, fuggito dall'Ospedale di Alcamo, dove medici ed infermieri, dopo aver fatto una prima, frettolosa, cernita tra i morti i ed i feriti, avevano medicato il Canzoneri che scappò poi a casa — sotto choc — temendo un'altra rappresaglia.
Egli fu curato soltanto dagli stessi familiari che non volevano che la presenza del loro congiunto ferito arrivasse all'orecchio della Legge per le possibili conseguenze negative o addirittura per evitare che qualcuno togliesse di mezzo il loro congiunto diventato un testimone oculare scomodo.
Però, man mano che la nostra ricerca andava avanti, abbiamo cominciato a trovare testimoni oculari ben disposti a raccontarci quei fatti del 14 luglio 1943, rimasti impressi indelebilmente nei loro ricordi, come — per esempio - e il caso dell'anziano ma arzillo signor F. C. settantanovenne alcamese, che si trovava spesso ad Alcamo Diramazione perche un suo parente gestiva il Posto di Ristoro presso la Stazione e lui, diciassettenne, lo aiutava spesso.
Quel giorno — ricorda il signor F. — “dopo il bombardamento siamo usciti tutti, indenni, dagli improvvisati rifugi e quello che ho subito visto erano diversi carri merci che bruciavano mentre altri — sventrati — mostravano tutto il loro contenuto sparso per terra. C'era un carro, per esempio, pieno di biciclette marca Bianchi, con le gomme piene (verosimilmente destinate ai soldati di ronda) e ce n'era un altro, invece, pieno di armi — principalmente moschetti — e munizioni, che stavano esplodendo come tanti fuochi pirotecnici, ma i carri che ci interessavano erano quelli pieni di generi alimentari, presso i quali si dirigevano le altre persone che, nel frattempo, si avvicinavano".
L'attenzione del giovane F. (lui lo ricorda come fosse ieri) si concentrò però su un carro pieno di formaggini, una buonissima leccornia, specie per quel tempo, ed egli se ne fece una bella scorta assieme ad altre scatolette di carne ed un sacco di riso.
Carico di tutto quel ben di Dio, il giovane F. ritornò a casa nascondendo il prezioso bottino e non facendosi vedere più da quelle parti, sfuggendo così — inconsapevolmente — alla morte per fucilazione. Nei giorni seguenti però, sentì dai familiari la descrizione della fucilazione di quei concittadini sorpresi vicino ai carri e quindi, spaventato che qualcuno gli trovasse in casa il prezioso bottino precedentemente raccolto, andò a nasconderlo in un anfratto di terreno lì vicino recandovisi ogni tanto, a fare rifornimento.
E solo adesso, mentre scriviamo queste note, colleghiamo questo episodio a quanto raccontava nostro suocero, Isidoro Vasile di Calatafimi, padre di sette figlie femmine: spinto dalla necessità di dar da mangiare alla numerosa prole, quel signore, che era un agiato possidente agricolo, per uno strano scherzo del destino proprio quel fatidico giorno 14 luglio 1943 decise di caricare la propria giumenta con il grano raccolto qualche mese prima, per cercare di macinarlo nei molini della zona di Alcamo Diramazione, dato che alloggiava, con la famiglia, nel vicino Baglio di Contrada Arcauso.
E mentre il signor Vasile si avviava verso la Stazione, a cavallo della propria giumenta, sentì il rumore delle bombe che cadevano più avanti e della mitraglia, ma niente e nessuno sarebbe riuscito a distoglierlo dall'andare a macinare il grano per poter poi farne il pane per la famiglia. Soltanto che, arrivando nei pressi della Stazione Ferroviaria, vide tanti carri sventrati con il loro contenuto sparpagliato per terra, mentre gli aerei alleati se ne erano andati, ed i carabinieri non erano ancora arrivati (ma lui di tutto questo non ne sapeva nulla e nulla ne avrebbe mai saputo!) e quindi non pote sapere di essere scampato alla fucilazione soltanto per un breve lasso di tempo.
Comunque, assieme ad altre persone a lui sconosciute — racconta sempre il signor Vasile, — non penso più a macinare il grano (anche perché gli addetti ai molini erano quasi tutti a raccogliere da terra quell' insperato ben di Dio!) e riempi invece qualche suo sacco, di zucchero, riso e scatolame vario affrettandosi a ritornare subito al Baglio per sfamare le figlie e la moglie.
In margine a questi luttuosi avvenimenti, altri tre ne accaddero quasi contemporaneamente nelle vicinanze: ii primo fu un altro "miracolo" che placò la fame di tante persone per almeno due giorni perché prima del bombardamento, sempre nei pressi della Stazione una mandria di vacche stava attraversando i binari per andare al ricovero quando un treno — sopraggiunto improvvisamente — dovette frenare violentemente per non investire la preziosa mandria, ma una vacca non riusci a passare in tempo e quindi fu travolta dal convoglio ferroviario.
Di ciò se ne accorsero alcuni contadini che, considerando che se fosse passato molto tempo, la carne dell'animale investito sarebbe andata a male, pensarono bene di cominciare a squartare sul posto la carcassa della povera bestia portandosene a casa quanto era possibile e senza che nessuno, questa volta, li fucilasse.
C'erano anche — nei pressi — diversi mezzadri del proprietario terriero Pietro Lipari i quali se ne tagliarono addirittura un quarto lo portarono al vicino baglio dove fu arrostito ben bene e di cui ne mangiarono per due giorni, un po tutti i vicini.
L'altro avvenimento invece fu un vero atto di guerra perché ad Alcamo in contrada Sant' Anna era acquartierato il Corpo d'Armata dell'esercito italiano ormai ridotto male e comandato da un colonnello di cui non e stato tramandato il nome. Anche quei soldati erano allo stremo: fermi da tanti giorni e senza ordini (qualcuno addirittura aveva disertato e messosi in borghese era ritornato in famiglia) ma anche loro furono mitragliati dagli stessi aerei americani che volevano liberare la strada agli Alleati che da Gela e Licata, stavano convergendo verso Palermo dove nel frattempo erano sbarcate altre truppe alleate.
Cosa successe non si è mai saputo in tutta la sua interezza, perché dagli ambienti militari certe notizie è difficile che trapelino, ma anche in quella occasione ci furono altri morti, morti sacrificati sull'altare di una guerra ormai finita! (L'elenco di quei morti è stato già descritto nelle pagine precedenti).
Il terzo episodio, altrettanto luttuoso ed anche senza senso, successe qualche giorno dopo, esattamente il 20 luglio del 1943 (soltanto il giorno prima che le truppe alleate entrassero ad Alcamo!) e a morire sotto il fuoco degli aerei anglo-americani fu un giovane alcamese di soli 14 anni, Salvatore Pirrone, nato ad Alcamo esattamente il 6/9/1929. Quel ragazzo era andato in campagna assieme alla madre, per cercare di raccogliere verdure varie per la cena della famiglia (dato che da mangiare c'era veramente poco!) quando, sulla strada del ritorno, in contrada Santa Lucia, due aerei americani o inglesi — non avendo null'altro da mitragliare — si esercitarono al tiro contro quelle due inermi figure che arrancavano nella salita per tornare al Paese.
Certamente i piloti si accorsero che non potevano essere nemici, un ragazzino ed una donna, ma per esercitarsi al tiro andavano bene. E così mori il quattordicenne Salvatore Pirrone vittima incolpevole di una guerra praticamente finita mentre la madre che era crollata a terra per il grande spavento, scampo alla morte.
Vi lasciamo immaginare le strazianti scene di dolore della madre quando — rinvenendo — vide il figliolo riverso nel suo stesso sangue, le sue inutili invocazioni, le lacrime, la sua solitudine nella campagna e con le prime ombre della sera, che si addensavano in cielo, ed il suo affannoso ritorno in paese per cercare aiuto.
Ma Salvatore Pirrone non e stato ucciso da "incursione di aerei nemici", come scritto sulla lapide al cimitero di Alcamo, in ricordo del suo sacrificio, bensì da due aerei alleati anglo-americani e che quindi non erano certamente nemici quanto invece "amici" ed ecco dimostrato il proverbio che dice "dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io".
Ritornando al nostro racconto principale, quegli otto o dieci sfortunati alcamesi, fucilati senza colpe, sono tuttora sepolti presso ii cimitero di Alcamo e forse sarebbe ii caso di individuarli e ritrovarli per tributare loro una lapide in ricordo di una vita persa per una guerra gia finita.
Alcuni anni fa, sindaco di Alcamo Massimo Ferrara, e stata da noi raccolta tutta la documentazione sulle circostanze della morte del giovane Pirrone, facendone richiesta di intestazione di una via cittadina che poi il Consiglio Comunale approvò, ed oggi ad Alcamo c'è almeno una via a ricordare it sacrificio di una morte assurda di un giovanissimo ragazzo senza colpe.
Poi, il 21 luglio — soltanto pochi giorni dopo — gli americani entrarono ad Alcamo entusiasticamente accolti da tutto il popolo ma anche dai tanti gerarchi fascisti, riciclatisi "genuini" democratici, e furono proprio loro ad avere dagli stessi americani l'incarico di gestire la nuova vita pubblica della Città, come — per esempio - il dentista Mario Pecoraro, Podestà sotto il fascismo e quindi Sindaco di Alcamo con gli americani, insomma il classico individuo buono per tutte le stagioni.


lunedì 8 dicembre 2014

PIZZAROTTI A OTTO E MEZZO


Sul programma “Otto e Mezzo” di Lilly Gruber, stasera ho seguito Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e mi è sembrato un politico concreto, preparato, efficiente, positivo.
Se il Movimento5 Stelle avesse la stessa linea politica di Pizzarotti, sarebbe un bene, prima per l'Italia e poi per M5S.

giovedì 27 novembre 2014

EMERGENZA CASTELLO DI CALATUBO


Questa non è una gara sportiva.

Ci sono in gioco i soldi per la ristrutturazione del Castello e i posti di lavoro per gli operai che eseguiranno il restauro.

Quindi datevi una smossa e votate entro il 30 Novembre.

Votare è facile su:


Non facciamoci fregare ancora una volta dalla nostra pigrizia.


Il Castello di Calatubo, nella nottata tra lunedì e martedì, è balzato al primo posto nella classifica di votazioni per il censimento del Fai "I luoghi del cuore". Ieri ha consolidato il primato distaccando di oltre mille voti la seconda posizione: con oltre 44 mila voti (oltre 18 mila quelli online) ha infatti sorpassato nella graduatoria di preferenze la Certosa di Calci (Pisa). Un sorpasso che potrebbe essere, a questo punto, decisivo. C’è tempo fino al 30 novembre per votare.


martedì 25 novembre 2014

IL PAPA, IL PARLAMENTO EUROPEO E PITTELLA


Ho seguito con attenzione e rispetto il discorso di Papa Francesco al Parlamento Europeo. 
Un discorso semplice, profondissimo, che mette l'uomo e la sua dignità al centro della politica di un'Europa che vuole essere quella terra di cultura e progresso che tutti gli Europei auspicano.
Mentre seguivo questo discorso notavo che il Papa è stato spesso interrotto da lunghi applausi (spero sinceri) che sottolieavano i vari punti del suo diiscorso.
Ma questo discorso e questi applausi avranno poi un riflesso concreto sulla politica europea?
Guardando la storia recente, guardando come sono stati massacrati economicamente i popoli di alcune nazioni europee con le economie più fragili, temo fortemente che quegli applausi sono stati solo una pura formalità alla quale non seguiranno azioni politiche concrete atte a contrastare le disuguaglianze e le ingiustizie.
Un fatto spiacevole e marginale:
Mentre il Papa parlava è stato più volte inquadrato il Parlamentare Gianni Pittella che ruminava come una capra mentre il Papa parlava e da Italiano, mi sono vergognato.
Se qualcuno lo conosce, gli dica che è disdicevole che un Deputato Europeo rumini in Parlamento, specie nelle occasioni solenni.



mercoledì 19 novembre 2014

DIO, L'UNIVERSO E NOI SECONDO ANTONIO ZICHICHI


DIO, L'UNIVERSO E NOI
 SECONDO ANTONIO ZICHICHI

L'8 giugno scorso su


facevo, con parole semplici, alcune considerazioni su Dio, l'universo e noi.

Oggi scopro con grande soddisfazione che anche lo scenziato Antonino Zichichi, e con lui tanti illustri scenziati, la pensa allo stesso modo ed esprime le sue valutazioni, con ragionamenti molto più acuti e pertinenti e con la classe del grande uomo di scienza quale Egli è, su





IL FOREIGN POLICY E MATTEO RENZI


Da Wikipedia:

Foreign Policy è un'autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni Internazionali.

The Huffington Post è un quotidiano online e aggregatore statunitense fondato nel 2005 e in breve tempo diventato uno dei siti più seguiti del mondo.

Nessuno di questi due autorevoli e indipendenti organi di informazione si può pensare che sia asservito alla politica italiana.

Di Matteo Renzi The Huffington Post scrive:

“Il premier italiano è stato inserito nella lista dei "100 principali pensatori globali" del 2014 compilata annualmente dalla rivista Foreign Policy
Renzi compare nella categoria dei "decision-makers" insieme, tra gli altri, alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al primo ministro indiano Narendra Modi."



Forse noi Italiani dovremmo essere orgogliosi di avere un primo ministro come Renzi, dopo decine di anni nei quali la politica italiana è stata guidata da figure mediocri, discutibili o corrotte. 

domenica 16 novembre 2014

MATTEO, MA QUESTA EUROPA E' VERAMENTE LA NOSTRA FAMIGLIA?





A MATTEO RENZI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Spero di non avere capito bene e ti prego, se puoi, di fare chiarezza.
Ci dici spesso che l'Europa è casa nostra, la nostra famiglia.
Forse è vero, ma a me sembra che in questa grande famiglia vi sono molti fratelli coltelli.
Il primo che mi viene in mente è Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea dal 1º novembre 2014 e primo ministro del Lussemburgo dal 20 gennaio 1995 al 10 luglio 2013.
Da primo ministro del Lussemburgo ha arricchito il suo paese con una politica aggressiva di facilitazioni fiscali alle aziende europee a scapito degli altri stati di questa grande famiglia che è l'Europa.
Oggi, da Presidente della Commissione Europea e con l'appoggio di altri componenti della famiglia, cerca di imporre una politica di sacrifici ai fratelli europei, mettendo in serie difficoltà le politiche economiche espansive dei governi e le economie più fragili della famiglia e frenando il già precario svlluppo economico di queste economie.
In queste condizioni da noi le aziende chiudono a grappoli, la disoccupazione è alle stelle, le condizioni economiche di molte famiglie sono disperate, i giovani non riescono a trovare lavoro.
Se quello che ho capito è giusto, l'Europa è una famiglia da incubo.

sabato 15 novembre 2014

NON SPRECHIAMO LA NOSTRA PRINCIPALE RICCHEZZA




Alcamo Marina, stamattina alle 11.
Cielo terso, leggera brezza di terra, mare cristallino, temperatura gradevolmente tiepida, spiaggia quasi deserta.
Unico suono: la risacca di un mare calmo e splendido.
Pace e tranquillità assolute.
Insomma il tempo ideale per godersi il mare.
Niente da invidiare alle tante bellissime spiaggie di altre nazioni del Mediterraneo che, opportunamente attrezzate, sono una grande fonte di guadagno e danno lavoro e benessere alla gente.
Noi invece, passati i due mesi di Luglio ed Agosto, torniamo ad Alcamo e ce ne dimentichiamo.
Lasciare in stato di abbandono una simile splendida risorsa, potenzialmente capace di creare ricchezza e lavoro per la nostra gente, è da irresponsabili.
I nostri politici, indipendentemente dai partiti nei quali sono stati eletti, invece di chiacchierare, dovrebbero interessarsi alla valorizzzazione del meraviglioso territorio che madre natura ci ha dato e che noi, anzicchè valorizzarlo, trascuriamo e deturpiamo in tutti i modi.
#SESIVOLESSE e se si avesse veramente  a  cuore l'interesse della gente, ci si dovrebbe interessare di queste cose, ma evidentemente non si vuole.


mercoledì 5 novembre 2014

CASTELLO DI CALATUBO. SI PUO' ANCORA SALVARE

Risultati immagini per calatubo

IL SINDACO BONVENTRE SOSTIENE IL CASTELLO DI CALATUBO E INVITA LA CITTADINANZA A DARE IL PROPRIO CONTRIBUTO


Se in una notte di tempo sereno, viaggiando in autostrada, passate davanti il Castello di Calatubo, guardatelo per un istante (ma attenti sempre alla strada), è semplicemente meraviglioso ma sta cadendo a pezzi ed ha bisogno urgente di costose opere di consolidamento e restauro. Il Comune, con le ristrettezze attuali, non ha soldi sufficienti da poter destinare a questa opera di restauro, ma se si riuscirà a raccogliere una grande quantità di firme si potranno utilizzare i fondi di salvaguardia della FAI.
Fondi che non potranno essere risparmiati o destinati ad altri tipi di intervento, magari più utili nell'immediato, e che saranno comunque spesi per il monumento più votato che, se tutti NOI diamo una mano, potrà essere il nostro Castello.

VOTIAMOLO SUBITO SU

http://iluoghidelcuore.it/luoghi/trapani/alcamo/castello-di-calatubo/12847
Non costa nulla e possiamo salvarlo dalla rovina.




mercoledì 22 ottobre 2014

BIOCOMBUSTIBILE DAGLI SCARTI AGRICOLI. CONVIENE!


TRE CRITICITA'
POSSONO DIVENTARE UNA RISORSA?

1' CRITICITA'
Gli alvei e le sponde dei nostri corsi d'acqua sono ricoperti da una fitta vegetazione di canne che in caso di abbondanti piogge, vengono strappate dal suolo, intasano i torrenti, fanno straripare le acque che arrecano ingenti danni all'ambiente e all'agricoltura e sono causa si serio pericolo per la gente.
Il compito di provvedere ad una periodica manutenzione di questi luoghi è affidato al Genio Civile ma la mancanza delle ingenti risorse economiche necessarie impedisce a questo ente di provvedere.
Di conseguenza ad ogni forte evento di pioggia si può avere lo straripamento dei corsi d'acqua e i conseguenti danni e pericoli suddetti.
Le canne possono costituire una risorsa. Una stima orientativa della quantità di canne negli alvei e sulle sponde dei torrenti è valutabile in circa 200.000 tonnellate annue.

2' CRITICITA'
Il territorio della Provincia di Trapani è coltivato in modo preminente a vite e quindi in seguito alla vendemmia si ha una si ha una grandissima quantità di raspi, buccia e vinaccia.
Da una ricerca su internet di può desumere che la superficie vitata in provincia di Trapani è di circa 52.000 ettari, la quantità di uva prodotta è di circa 676.000 tonnellate e la quantità di scarti (raspi, buccia e vinaccia) di circa 240.000 tonnellate. Questi prodotti potrebbero essere avviati alla distillazione. In tempi recenti, però, questo processo è reso molto difficile.
La vinaccia non può essere sparsa nei campi in quanto la sua azione sul terreno e molto negativa e quindi costituisce un problema per gli operatori agricoli.
Le 240.000 tonnellate di scarti derivanti dalla vendemmia possono costituire una risorsa economica.
Oltre agli scarti della vendemmia si possono stimare in circa 150.000 tonnellate gli scarti della potatura dei vigneti e in circa 80.000 tonnellate la paglia ed altri cereali.

3' CRITICITA'
La crisi della viticoltura, dopo il boom dei decenni precedenti, ha portato alla chiusura di numerose cantine sociali la cui struttura e attrezzatura è diventata improduttiva e quindi un grave onere economico. Una sua riconversione sarebbe estremamente auspicabile e trasformerebbe queste strutture improduttive in nuove strutture capaci di produrre reddito, posti di lavoro e ricchezza sul territorio.

Di seguito riporto un articolo su LA REPUBBLICA del 20/12/2010, a cura del Giornalista Paolo Virtuani, che riporto per intero perché dà un quadro ampio ed esauriente circa la necessità e convenienza a produrre bioetanolo dai vegetali.

IN PIEMONTE UN CENTRO AVANZATO
PER I COMBUSTIBILI DI SECONDA GENERAZIONE

Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocarburante

È migliore della canna da zucchero brasiliana. Recupero di terreni marginali non utilizzati dall'agricoltura

La semplice canna comune, Arundo donax è il suo nome botanico, quella che cresce lungo i fossi o i margini delle strade, rappresenta il futuro dei biocarburanti, in particolare dell'etanolo che può essere addizionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero ormai è una realtà da oltre 30 anni, ma come fare per tradurre anche nei nostri climi questa possibilità che ci viene offerta dalla natura se la canna da zucchero in Italia non cresce? Impresa non facile, che ha richiesto 120 milioni di euro di investimenti e cinque anni di ricerche per arrivare a trovare la pianta più adatta e mettere a punto il processo di lavorazione ottimale.
M&G - I soldi sono stati investiti dal gruppo M&G (Mossi e Ghisolfi), multinazionale con sede in Italia, leader mondiale nella produzione del Pet (la plastica delle bottiglie), 3 mila dipendenti e 3 miliardi di dollari di giro d’affari. Nel 2004 con l’acquisizione della Chemtex il gruppo italiano ha dato una svolta alla propria strategia, entrando nella chimica «verde» dei biocarburanti. E a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria, utilizzando anche le possibilità offerte dal Parco scientifico tecnologico e dall’onlus EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest, è sorto il laboratorio dove è nato il bioetanolo avanzato di seconda generazione, quello appunto derivato dalla canna comune.
CINQUE CARATTERISTICHE - «Era necessario trovare una pianta che unisse cinque caratteristiche», spiega l’ingegnere Giuseppe Fano, direttore M&G del centro di ricerca di Rivalta Scrivia. «Non fosse alimentare - per uomini o animali - per motivi etici; avesse scarso bisogno di acqua e di concimi; fosse disponibile tutto l’anno; crescesse su terreni marginali poveri e non utilizzati dalle coltivazioni intensive; e fosse autoctona, ampiamente diffusa, disponibile e con un’alta resa. Dopo cinque anni di ricerche e sperimentazioni, l’abbiamo trovata», prosegue Fano. «È la canna comune, che ha tutte le caratteristiche necessarie e inoltre fornisce 40 tonnellate per ettaro di sostanza secca equivalente e, una volta lavorata, consente di ottenere 10 tonnellate per ettaro di bioetanolo, addirittura di più di quanto si ricava dalla canna da zucchero in Brasile».
MOTIVI – L'impegno è trovare prodotti alternativi al petrolio e diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero che ogni anno costano al Paese miliardi di euro e, tramite i biocarburanti (che hanno un bilancio tra CO2 sequestrata ed emessa quasi zero) diminuire le emissioni di gas serra. Ma qual è la sostenibilità economica del progetto? In parole povere: quanto costa un litro di bioetanolo? «Il bioetanolo è competitivo se il prezzo del petrolio non scende sotto i 60-70 dollari al barile». E in questi giorni le quotazioni sono intorno a 88 dollari, mentre un paio d’anni fa sono giunte anche a 140 dollari a barile.
STATI UNITI APRIPISTA - Lo scorso ottobre l’Ente di protezione ambientale statunitense (Epa) ha autorizzato nelle automobili costruite dopo il 2007 l’impiego dell’E15, carburante composto per il 15% da bioetanolo e per l’85% da benzina. Per i veicoli costruiti tra il 2001 e il 2006, è prevista un’altra autorizzazione entro il 2011. Sempre gli Usa hanno stabilito che nel 2022 il 58% dei 136 miliardi di litri di biocarburanti che verranno prodotti nel Paese non potranno derivare da coltivazioni alimentari come il mais. Due gli obiettivi: diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero ed evitare, come avvenuto negli anni 2006-2008, l’aumento eccessivo dei prezzi di prodotti essenziali all’alimentazione umana e animale, come grano, mais e soia. Attualmente negli Usa vengono prodotti 41,6 miliardi di litri di biocarburanti.
CONVENIENZA – «Per essere conveniente, l’etanolo prodotto dalla canna deve però soddisfare altre condizioni: per esempio la cosiddetta filiera corta», spiega ancora l’ingegner Fano. «Stiamo realizzando un impianto pilota a Crescentino, in provincia di Vercelli, da 40 mila tonnellate di bioetanolo che entrerà in funzione nel 2012. Per alimentarlo sono necessarie canne raccolte un’area di 4 mila ettari, che però non devono provenire da una distanza superiore a 30-35 chilometri. Altrimenti le spese di trasporto e il consumo di carburanti diventano eccessivi e il gioco non vale più la candela». Secondo Fano, inoltre, l’impianto ideale dovrebbe avere una taglia di 150-200 tonnellate di bioetanolo, quindi occorrono 15-20 mila ettari coltivati a canna – che si raccoglie tutto l’anno - a una distanza non superiore di 70 km dall’impianto.
ESSENZIALE – Per arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, nel nostro Paese sarà necessario produrre 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo. Quindi, come conferma Fano, bisognerà «coltivare» 150 mila ettari ad Arundo donaxe costruire 8-10 impianti per la produzione.
CICLO PRODUTTIVO – Da quando le canne entrano nell’impianto a quando viene prodotto il bioetanolo passano cinque giorni, anche se recenti studi americani basati sul batterio Zymomonas mobilis nella fermentazione dello xilosio, indicano che il ciclo può essere abbassato a un giorno e mezzo. Il trattamento è semplice e senza additivi chimici, che consumano energia. Dopo lo sminuzzamento, la massa vegetale viene «cotta» e fatta fermentare, più o meno come la birra. Se ne ricava un liquido con un certo contenuto di etanolo che, attraverso altri passaggi arriva a un contenuto di alcol etilico fino al 99%. Come sottoprodotto rimane la lignina, che ha un potere calorifico superiore al legno e viene bruciata per alimentare il processo industriale. Ciò che resta sono acque reflue contenenti carbonio dalle quali si può ricavare ancora metano e biogas e chiudere il ciclo industriale «bio» fino in fondo.

Paolo Virtuani 20 dicembre 2010 (ultima modifica: 24 dicembre 2010)


Sul territorio della provincia, come si è visto precedentemente, si può disporre di:

200 mila tonnellate di canne;
240 mila tonnellate di scarti della vendemmia;
80 mila tonnellate di paglia;
150 mila tonnellate di scarti dalla potatura dei vigneti.

In totale 670 mila tonnellate di prodotto che potrebbe essere trasformato in bio carburante e che, invece, va praticamente perduto.
Se dovesse occorrere altro materiale e se fosse economicamente conveniente, si potrebbe coltivare la canna su terreni poveri e quindi inadatti ad un' agricoltura competitiva.

Allo scopo di verificare se è possibile installare un impianto per la produzione di bioetanolo nel nostro territorio, ho preso contatto con il responsabile di EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest citato nel suddetto articolo.
Ho parlato con il direttore, una persona molto gentile disponibile e concreta a cui ho sottoposto la mia idea.
Si è dichiarato disponibile a dare tutti i suggerimenti opportuni, a collaborare alla ralizzazione concreta del progetto ed aspetta che gli fornisca i dati di cui sopra per verificare la fattibilità dell'impianto.
Per quanto riguarda la costruzione del suddetto impianto, si potrebbero utilizzare gli stabili e le attrezzature delle cantine esistenti sul territorio, adeguando il tutto al loro nuovo e diverso utilizzo.
Resta il problema del reperimento delle risorse economiche:
A questo si puo porre rimedio costituendo una società per azioni a capitale diffuso fra tutti coloro che vorranno partecipare. Forse può darsi che è venuto il momento che i Sicilani investano i loro risparmi in progetti per lo sviluppo del nostro territorio invece di investire il loro gruzzolo in azioni che nulla hanno a che spartire con noi.
Se poi questo progetto, oltre ad essere redditizio, può anche usufruire di incentivi pubblici nazionali ed europei, allora diventerà ancora più appetibile investirvi i propri risparmi.