mercoledì 22 ottobre 2014

BIOCOMBUSTIBILE DAGLI SCARTI AGRICOLI. CONVIENE!


TRE CRITICITA'
POSSONO DIVENTARE UNA RISORSA?

1' CRITICITA'
Gli alvei e le sponde dei nostri corsi d'acqua sono ricoperti da una fitta vegetazione di canne che in caso di abbondanti piogge, vengono strappate dal suolo, intasano i torrenti, fanno straripare le acque che arrecano ingenti danni all'ambiente e all'agricoltura e sono causa si serio pericolo per la gente.
Il compito di provvedere ad una periodica manutenzione di questi luoghi è affidato al Genio Civile ma la mancanza delle ingenti risorse economiche necessarie impedisce a questo ente di provvedere.
Di conseguenza ad ogni forte evento di pioggia si può avere lo straripamento dei corsi d'acqua e i conseguenti danni e pericoli suddetti.
Le canne possono costituire una risorsa. Una stima orientativa della quantità di canne negli alvei e sulle sponde dei torrenti è valutabile in circa 200.000 tonnellate annue.

2' CRITICITA'
Il territorio della Provincia di Trapani è coltivato in modo preminente a vite e quindi in seguito alla vendemmia si ha una si ha una grandissima quantità di raspi, buccia e vinaccia.
Da una ricerca su internet di può desumere che la superficie vitata in provincia di Trapani è di circa 52.000 ettari, la quantità di uva prodotta è di circa 676.000 tonnellate e la quantità di scarti (raspi, buccia e vinaccia) di circa 240.000 tonnellate. Questi prodotti potrebbero essere avviati alla distillazione. In tempi recenti, però, questo processo è reso molto difficile.
La vinaccia non può essere sparsa nei campi in quanto la sua azione sul terreno e molto negativa e quindi costituisce un problema per gli operatori agricoli.
Le 240.000 tonnellate di scarti derivanti dalla vendemmia possono costituire una risorsa economica.
Oltre agli scarti della vendemmia si possono stimare in circa 150.000 tonnellate gli scarti della potatura dei vigneti e in circa 80.000 tonnellate la paglia ed altri cereali.

3' CRITICITA'
La crisi della viticoltura, dopo il boom dei decenni precedenti, ha portato alla chiusura di numerose cantine sociali la cui struttura e attrezzatura è diventata improduttiva e quindi un grave onere economico. Una sua riconversione sarebbe estremamente auspicabile e trasformerebbe queste strutture improduttive in nuove strutture capaci di produrre reddito, posti di lavoro e ricchezza sul territorio.

Di seguito riporto un articolo su LA REPUBBLICA del 20/12/2010, a cura del Giornalista Paolo Virtuani, che riporto per intero perché dà un quadro ampio ed esauriente circa la necessità e convenienza a produrre bioetanolo dai vegetali.

IN PIEMONTE UN CENTRO AVANZATO
PER I COMBUSTIBILI DI SECONDA GENERAZIONE

Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocarburante

È migliore della canna da zucchero brasiliana. Recupero di terreni marginali non utilizzati dall'agricoltura

La semplice canna comune, Arundo donax è il suo nome botanico, quella che cresce lungo i fossi o i margini delle strade, rappresenta il futuro dei biocarburanti, in particolare dell'etanolo che può essere addizionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero ormai è una realtà da oltre 30 anni, ma come fare per tradurre anche nei nostri climi questa possibilità che ci viene offerta dalla natura se la canna da zucchero in Italia non cresce? Impresa non facile, che ha richiesto 120 milioni di euro di investimenti e cinque anni di ricerche per arrivare a trovare la pianta più adatta e mettere a punto il processo di lavorazione ottimale.
M&G - I soldi sono stati investiti dal gruppo M&G (Mossi e Ghisolfi), multinazionale con sede in Italia, leader mondiale nella produzione del Pet (la plastica delle bottiglie), 3 mila dipendenti e 3 miliardi di dollari di giro d’affari. Nel 2004 con l’acquisizione della Chemtex il gruppo italiano ha dato una svolta alla propria strategia, entrando nella chimica «verde» dei biocarburanti. E a Rivalta Scrivia, in provincia di Alessandria, utilizzando anche le possibilità offerte dal Parco scientifico tecnologico e dall’onlus EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest, è sorto il laboratorio dove è nato il bioetanolo avanzato di seconda generazione, quello appunto derivato dalla canna comune.
CINQUE CARATTERISTICHE - «Era necessario trovare una pianta che unisse cinque caratteristiche», spiega l’ingegnere Giuseppe Fano, direttore M&G del centro di ricerca di Rivalta Scrivia. «Non fosse alimentare - per uomini o animali - per motivi etici; avesse scarso bisogno di acqua e di concimi; fosse disponibile tutto l’anno; crescesse su terreni marginali poveri e non utilizzati dalle coltivazioni intensive; e fosse autoctona, ampiamente diffusa, disponibile e con un’alta resa. Dopo cinque anni di ricerche e sperimentazioni, l’abbiamo trovata», prosegue Fano. «È la canna comune, che ha tutte le caratteristiche necessarie e inoltre fornisce 40 tonnellate per ettaro di sostanza secca equivalente e, una volta lavorata, consente di ottenere 10 tonnellate per ettaro di bioetanolo, addirittura di più di quanto si ricava dalla canna da zucchero in Brasile».
MOTIVI – L'impegno è trovare prodotti alternativi al petrolio e diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero che ogni anno costano al Paese miliardi di euro e, tramite i biocarburanti (che hanno un bilancio tra CO2 sequestrata ed emessa quasi zero) diminuire le emissioni di gas serra. Ma qual è la sostenibilità economica del progetto? In parole povere: quanto costa un litro di bioetanolo? «Il bioetanolo è competitivo se il prezzo del petrolio non scende sotto i 60-70 dollari al barile». E in questi giorni le quotazioni sono intorno a 88 dollari, mentre un paio d’anni fa sono giunte anche a 140 dollari a barile.
STATI UNITI APRIPISTA - Lo scorso ottobre l’Ente di protezione ambientale statunitense (Epa) ha autorizzato nelle automobili costruite dopo il 2007 l’impiego dell’E15, carburante composto per il 15% da bioetanolo e per l’85% da benzina. Per i veicoli costruiti tra il 2001 e il 2006, è prevista un’altra autorizzazione entro il 2011. Sempre gli Usa hanno stabilito che nel 2022 il 58% dei 136 miliardi di litri di biocarburanti che verranno prodotti nel Paese non potranno derivare da coltivazioni alimentari come il mais. Due gli obiettivi: diminuire la dipendenza dalle importazioni dall’estero ed evitare, come avvenuto negli anni 2006-2008, l’aumento eccessivo dei prezzi di prodotti essenziali all’alimentazione umana e animale, come grano, mais e soia. Attualmente negli Usa vengono prodotti 41,6 miliardi di litri di biocarburanti.
CONVENIENZA – «Per essere conveniente, l’etanolo prodotto dalla canna deve però soddisfare altre condizioni: per esempio la cosiddetta filiera corta», spiega ancora l’ingegner Fano. «Stiamo realizzando un impianto pilota a Crescentino, in provincia di Vercelli, da 40 mila tonnellate di bioetanolo che entrerà in funzione nel 2012. Per alimentarlo sono necessarie canne raccolte un’area di 4 mila ettari, che però non devono provenire da una distanza superiore a 30-35 chilometri. Altrimenti le spese di trasporto e il consumo di carburanti diventano eccessivi e il gioco non vale più la candela». Secondo Fano, inoltre, l’impianto ideale dovrebbe avere una taglia di 150-200 tonnellate di bioetanolo, quindi occorrono 15-20 mila ettari coltivati a canna – che si raccoglie tutto l’anno - a una distanza non superiore di 70 km dall’impianto.
ESSENZIALE – Per arrivare a centrare il traguardo che l’Unione europea (e l’Italia) si è data con l’obiettivo 20-20-20, cioè entro il 2020 diminuire del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’efficienza energetica e produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, nel nostro Paese sarà necessario produrre 1,5 milioni di tonnellate di bioetanolo. Quindi, come conferma Fano, bisognerà «coltivare» 150 mila ettari ad Arundo donaxe costruire 8-10 impianti per la produzione.
CICLO PRODUTTIVO – Da quando le canne entrano nell’impianto a quando viene prodotto il bioetanolo passano cinque giorni, anche se recenti studi americani basati sul batterio Zymomonas mobilis nella fermentazione dello xilosio, indicano che il ciclo può essere abbassato a un giorno e mezzo. Il trattamento è semplice e senza additivi chimici, che consumano energia. Dopo lo sminuzzamento, la massa vegetale viene «cotta» e fatta fermentare, più o meno come la birra. Se ne ricava un liquido con un certo contenuto di etanolo che, attraverso altri passaggi arriva a un contenuto di alcol etilico fino al 99%. Come sottoprodotto rimane la lignina, che ha un potere calorifico superiore al legno e viene bruciata per alimentare il processo industriale. Ciò che resta sono acque reflue contenenti carbonio dalle quali si può ricavare ancora metano e biogas e chiudere il ciclo industriale «bio» fino in fondo.

Paolo Virtuani 20 dicembre 2010 (ultima modifica: 24 dicembre 2010)


Sul territorio della provincia, come si è visto precedentemente, si può disporre di:

200 mila tonnellate di canne;
240 mila tonnellate di scarti della vendemmia;
80 mila tonnellate di paglia;
150 mila tonnellate di scarti dalla potatura dei vigneti.

In totale 670 mila tonnellate di prodotto che potrebbe essere trasformato in bio carburante e che, invece, va praticamente perduto.
Se dovesse occorrere altro materiale e se fosse economicamente conveniente, si potrebbe coltivare la canna su terreni poveri e quindi inadatti ad un' agricoltura competitiva.

Allo scopo di verificare se è possibile installare un impianto per la produzione di bioetanolo nel nostro territorio, ho preso contatto con il responsabile di EnergEtica, il distretto agro energetico del Nord Ovest citato nel suddetto articolo.
Ho parlato con il direttore, una persona molto gentile disponibile e concreta a cui ho sottoposto la mia idea.
Si è dichiarato disponibile a dare tutti i suggerimenti opportuni, a collaborare alla ralizzazione concreta del progetto ed aspetta che gli fornisca i dati di cui sopra per verificare la fattibilità dell'impianto.
Per quanto riguarda la costruzione del suddetto impianto, si potrebbero utilizzare gli stabili e le attrezzature delle cantine esistenti sul territorio, adeguando il tutto al loro nuovo e diverso utilizzo.
Resta il problema del reperimento delle risorse economiche:
A questo si puo porre rimedio costituendo una società per azioni a capitale diffuso fra tutti coloro che vorranno partecipare. Forse può darsi che è venuto il momento che i Sicilani investano i loro risparmi in progetti per lo sviluppo del nostro territorio invece di investire il loro gruzzolo in azioni che nulla hanno a che spartire con noi.
Se poi questo progetto, oltre ad essere redditizio, può anche usufruire di incentivi pubblici nazionali ed europei, allora diventerà ancora più appetibile investirvi i propri risparmi.


mercoledì 15 ottobre 2014

INCENDIO SVENTATO NELLA NOSTRA PINETA


Leggo su Alqamah dell'incendio sul Monte Bonifato sventato dal Centro Operativo Comunale di Protezione Civile e dal comando di Polizia Municipale e mi congratulo con loro per l'efficienza e per la tempestività dei loro interventi che hanno evitato danni gravi alla nostra pineta.
Mi rammarico del fatto che questi enti non siano dotati di idonei mezzi moderni, efficaci ed economici come i DRONI dei quali parlavo nel post
Si capirà mai che spendere qualche soldo potrebbe contribuire efficacemente alla prevenzione degli incendi e alla tutela del territorio?
Si capirà mai che e molto più conveniente prevenire i danni che intervenire per ripararli?
Si capirà mai che il pubblico denaro va speso con oculatezza e intelligenza e che non va sprecato con costosissimi interventi postumi di ripristino di danni prevedibili?
Sarei molto soddisfatto se non dovessi tornare sull'argomento e dire: “IO L'AVEVO DETTO MA VE NE SIETE FREGATI”.


sabato 11 ottobre 2014

SISTEMAZIONE INCROCIO VIALE EUROPA - VIA MADONNA DEL RIPOSO - ORA O MAI


Facendo riferimento al post di Alpa1
Voglio segnalare quanto segue:
Nel sempre congestionato Viale Europa il punto veramente critico è l'incrocio con la Via Madonna del Riposo.
Sarebbe opportuno valutare se vi è la possibilità di inserire una piccola rotonda in modo da incanalare e rendere certamente più fluido il traffico, anche utilizando una parte del terreno inedificato in corrispondenza dell'angolo sud-est dell'incrocio.
Io penso che sarebbe possibile e, così facendo, il traffico ne beneficierebbe parecchio.
Ove non si ritenesse praticabile tale soluzione, si potrebbe ovvviare in parte all'inconveniente marcando le corsie e sistemando al centro dell'incrocio una colonna con la segnaletica di senso rotatorio che guidi i flussi di traffico.
Una delle due proposte è indispensabile che si realizzi perché il flusso dei veicoli che arrivano all'incrocio e devono girare alla loro sinistra, non trovando nessun riferimento in strisce di corsie e segnaletica verticale, tendono a spostarsi molto a sinistra tagliando la strada a chi ha diritto di precedenza.
Questo è spesso causa di tamponamenti e di ingorghi di traffico dei quali non sentiamo assolutamente bisogno.
Questa è l'occasione unica per sistemare questo punto nevralgico della circolazione veicolare.
Se non si sistema adesso questo incrocio temo che almeno per i prossimi trent'anni dovremo sopportare questa situazione.

domenica 5 ottobre 2014

DA ALCAMO UN PONTE SUL MEDITERRRANEO VERSO IL MEDIO ORIENTE


ALCAMO. Si sviluppa un progetto che il Comune di Alcamo, assieme ai Comuni di Castellammare del Golfo e Paceco, sta portando avanti in sinergia con la Giordania.


La naturale vocazione della Sicilia, per cultura e tradizione e perché ubicata al centro del Mediterraneo, è quella di costituire un ponte verso tutti i popoli che si affacciano su questo mare ricchissimo di storia, cultura e risorse economiche e questa iniziativa può essere il primo passo.
In futuro altri popoli del Mediterraneo potranno aderire ed allargare questa collaborazione.
L'iniziativa si muove in questo solco e va incoraggiata e sostenuta in uno spirito di collaborazione fra popoli fratelli e nell'interesse comune di tutte le genti che vivono sulle sponde di questo mare su cui si sono sviluppate splendide civiltà.
Grande è la responsabilità di tutti i soggetti che partecipano a questa iniziativa. Se avrà successo, come è auspicabile, tutta questa parte di mondo potrà diventare un'area ricca e pacifica. Se fallirà la responsabilità cadrà sulle spalle di chi l'avrà fatta fallire, ma le conseguenze ricadranno sulle genti del mediterraneo.